EUR-Lex -  61997CC0108 - IT - Conclusioni dell'avvocato generale Cosmas del 5 maggio 1998. - Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC) contro Boots- und Segelzubehör Walter Huber e Franz Attenberger. - Domande di pronuncia pregiudiziale: Landgericht München I - Germania. - Direttiva 89/104/CEE - Marchi d'impresa - Indicazioni di provenienza geografica. - Cause riunite C-108/97 e C-109/97.
Karar Dilini Çevir:

Conclusioni dell avvocato generale

I - Introduzione

1 Con le questioni pregiudiziali che ha sottoposto alla Corte, il Landgericht di Monaco di Baviera, 1° sezione commerciale, chiede di interpretare l'art. 3, nn. 1, lett. c), e n. 3, prima frase, nonché l'art. 6, n. 1, lett. b), della Prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (1) (in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la società Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC), attrice nel procedimento principale (in prosieguo: l'«attrice») e a), nella causa C-108/97, l'impresa Boots- und Segelzubehör Walter Huber (in prosieguo: la «prima convenuta») e b), nella causa C-109/97, l'impresa Franz Attenberger (in prosieguo: la «seconda convenuta»), controversia risultante dal fatto che queste ultime, per contraddistinguere i loro prodotti, hanno utilizzato il marchio «Chiemsee», che era stato registrato dall'attrice.

II - La direttiva 89/104

3 L'art. 2 della direttiva stabilisce quanto segue:

«Possono costituire marchi d'impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese».

4 L'art. 3, che definisce gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità, stabilisce quanto segue:

«1. Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

a) (...)

b) (...)

c) i marchi d'impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

d) (...)

(...)

h) (...)

2. (...)

3. Un marchio d'impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell'uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione della stessa.

(...)».

5 L'art. 5, relativo ai diritti conferiti dal marchio d'impresa, stabilisce quanto segue:

«1. Il marchio d'impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a) un segno identico al marchio d'impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b) un segno che, a motivo dell'identità o della somiglianza di detto segno col marchio d'impresa e dell'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio d'impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio d'impresa.

2. (...)

(...)

5. (...)».

6 Inoltre, l'art. 6, relativo alla limitazione degli effetti del marchio d'impresa, stabilisce quanto segue:

«1. Il diritto conferito dal marchio d'impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio:

a) (...)

b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio;

c) (...)

purché l'uso sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale».

III - Contesto normativo nazionale

7 Come risulta dall'ordinanza di rinvio, prima della trasposizione della direttiva e fino al 31 dicembre 1994, in Germania si applicava il Warenzeichengesetz (legge tedesca sul marchio commerciale, in prosieguo: il «WZG»), che, all'art. 4, n. 2, primo comma, escludeva la registrazione dei marchi «privi di carattere distintivo o che constano esclusivamente (...) di parole che contengono informazioni sul modo, tempo e luogo della fabbricazione, sulla qualità, sulla destinazione (...) dei prodotti».

8 Ciononostante, anche i marchi privi di carattere distintivo, ai sensi della disposizione sopra menzionata, erano protetti in virtù dell'art. 4, n. 3, del WZG, se «si erano imposti nel commercio».

9 Inoltre il WZG, al § 25 («Ausstattungsschutz»; «tutela della presentazione»), ha riconosciuto la possibilità di acquisire un diritto su un marchio non mediante registrazione, ma a seguito dell'uso e degli effetti di tale uso sul commercio. Secondo l'ordinanza di rinvio, la disposizione in questione aveva utilizzato il termine «notorietà commerciale» («Verkehrsgeltung») per definire il presupposto richiesto.

10 La direttiva è stata trasposta nel diritto tedesco dal Markengesetz (legge sul marchio commerciale, in prosieguo: il «MarkenG»), entrato in vigore il 1_ gennaio 1995 (2).

11 L'art. 8, n. 2, di questa legge, che corrisponde all'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, prevede che, tra gli altri, sono esclusi dalla registrazione i segni «composti esclusivamente da (...) indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica (...) o altre caratteristiche del prodotto».

12 Ai sensi dell'art. 8, n. 3, del MarkenG, un marchio che non possa essere tutelato per i motivi di cui all'art. 8, n. 2, della stessa legge (3) può tuttavia venire registrato «se prima della decisione sulla domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne è stato fatto (...) per i prodotti per i quali la registrazione è stata richiesta, si è imposto negli ambienti commerciali interessati».

13 Inoltre, conformemente all'art. 4, n. 2, della stessa legge (che ha sostituito l'art. 25 della legge precedente), si può acquisire un diritto su un marchio a seguito dell'uso e della «notorietà commerciale» che ha acquisito nel commercio.

14 Secondo la giurisprudenza tedesca, il concetto di «imposizione nel commercio» («Verkehrsdurchsetzung») è più ampio e basilare di quello di «notorietà commerciale» («Verkehrsgeltung»). Infatti, se la registrazione di un marchio viene accettata perché questo si è imposto nel commercio, ciò significa necessariamente che esso ha acquistato una certa notorietà commerciale - ma non è vero l'inverso. Per stabilire quando si configura la notorietà commerciale o l'imposizione nel commercio, occorre distinguere tra gli elementi verbali e morfologici di un marchio che abbiano «per loro natura» carattere distintivo e quelli che ne sono privi (quali le denominazioni descrittive, in particolare quelle che designano la provenienza geografica). In generale, i primi giustificano la registrazione e la tutela di un marchio, mentre i secondi devono essere stati accettati dagli ambienti commerciali interessati, a seguito dell'uso. Il grado di notorietà richiesto ai fini dell'accertamento della notorietà commerciale o dell'imposizione nel commercio varia all'incirca tra il 16% e il 70%. Per accertare questa percentuale si ricorre principalmente ai sondaggi. Tuttavia la giurisprudenza e la dottrina tedesche difficilmente accettano di riconoscere e tutelare indicazioni che è necessario restino «a disposizione di tutti», ossia, se ben capiamo, difficilmente accettano che un'impresa abbia il monopolio di indicazioni che anche altre imprese hanno interesse ad utilizzare.

IV - Fatti

15 Il Chiemsee, con i suoi 80 km2 di superficie, è il più grande lago della Baviera. E' un centro di attrazione turistica, dove si pratica, tra l'altro, anche il windsurf. Nelle vicinanze del lago (nella regione chiamata «Chiemgau») viene esercitata prevalentemente l'agricoltura.

16 L'attrice ha sede a Grabenstätt, in prossimità dello Chiemsee. Essa commercializza prodotti di abbigliamento e calzature sportive e altri articoli sportivi alla moda («fashion sport»), ideati da una società consociata, anch'essa situata nei pressi dello Chiemsee, e fabbricati in un'altra regione. Dal 1990 l'attrice utilizza il nome del lago per contraddistinguere i suoi prodotti. Inoltre, tra il 1992 e il 1995, l'attrice ha registrato la stessa indicazione come marchio dei suoi prodotti in diverse soluzioni grafiche, talvolta abbinate ad immagini (in particolare quella di uno sportivo in procinto di tuffarsi, se la interpretiamo correttamente) e ad indicazioni verbali aggiuntive, come «Chiemsee Jeans», «Windsurfing - Chiemsee - Active Wear», «By Windsurfing Chiemsee», ecc. Questi marchi, come riprodotti nell'ordinanza di rinvio, sono, in ordine cronologico, i seguenti:

Numero di registrazione Data di registrazione

A. 2009617 17/02/1992

>SPAZIO PER TABELLA>

B. 2009618 17/02/92

>SPAZIO PER TABELLA>

C. 2014831 1/06/1992

>SPAZIO PER TABELLA>

D. 2043643 31/08/1993

>SPAZIO PER TABELLA>

E. 2043644 31/08/1993

>SPAZIO PER TABELLA>

F. 2086304 30/11/1994

>SPAZIO PER TABELLA>

G. 2901054 31/01/1995

>SPAZIO PER TABELLA>

17 Come osserva il giudice a quo, le competenti autorità amministrative e giudiziarie tedesche hanno sempre considerato la parola «Chiemsee» un'indicazione che può servire a designare la provenienza geografica e, di conseguenza, essa non può essere registrata come marchio. Tuttavia ne ammettono la registrazione solo per la diversa soluzione grafica di volta in volta presentata e per gli elementi che l'accompagnano.

18 La convenuta nella causa C-108/97, solo dal 1995, commercia in abbigliamento sportivo (magliette, felpe, ecc.) in una località sullo Chiemsee. Questi prodotti sono contrassegnati dalla parola «Chiemsee», che non è stata registrata come marchio e che si presenta nella seguente soluzione grafica:

(a)

>SPAZIO PER TABELLA>

19 Inoltre, la convenuta nella causa C-109/97 smercia nei dintorni dello Chiemsee prodotti analoghi a quelli dell'impresa precedente, contrassegnati, oltre che dall'indicazione riprodotta qui sopra, da quelle seguenti, anch'esse non registrate:

(b)

>SPAZIO PER TABELLA>

(c)

>SPAZIO PER TABELLA>

20 Nel procedimento principale, l'attrice si è opposta all'uso dell'indicazione «Chiemsee» da parte delle convenute, facendo valere che, nonostante le differenze nella soluzione grafica, esiste un rischio di confusione con il contrassegno che essa stessa usa dal 1990, che ha registrato come marchio d'impresa e che è noto in commercio.

21 Le convenute hanno sostenuto invece che la parola «Chiemsee», in quanto indicazione sull'origine geografica che deve restare disponibile, non è tutelabile; di conseguenza, il suo uso in un'altra soluzione grafica non configura un rischio di confusione.

22 A questo punto, il giudice nazionale ritiene indispensabile sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Sull'art. 3, n. 1, lett. c)

Se l'art. 3, n. 1, lett. c) debba intendersi nel senso che è sufficiente che sussista la possibilità di un uso della denominazione per determinare la provenienza geografica, o se questa possibilità debba essere concretamente prossima (nel senso che altre imprese dello stesso ramo si siano già servite della parola in questione per designare la provenienza geografica di prodotti dello stesso tipo, o che sussistano per lo meno indizi concreti che questo debba accadere in futuro), o se debba addirittura sussistere una necessità di utilizzare tale denominazione per designare la provenienza geografica dei prodotti in questione o se, oltre a ciò, debba sussistere ancora una necessità qualificata per l'uso di questa designazione di provenienza, come, ad esempio, il fatto che prodotti di questo tipo, che vengono fabbricati in una regione determinata, sono particolarmente rinomati.

Se, ai fini di un'interpretazione più o meno restrittiva dell'art. 3, n. 1, lett. c) in relazione a indicazioni sulla provenienza geografica, abbia rilevanza il fatto che gli effetti del marchio sono limitati ai sensi dell'art. 6, n. 1, lett. b).

Se nelle indicazioni della provenienza geografica di cui all'art. 3, n. 1, lett. c), siano ricomprese solo quelle che si riferiscono alla fabbricazione dei prodotti nel dato luogo, oppure se sia sufficiente smerciare i prodotti in questione in tale luogo a partire da tale luogo, oppure, nel caso di prodotti tessili, se sia sufficiente che essi vengano ideati nella regione indicata, mentre il processo produttivo di confezionamento ha luogo altrove.

2) Sull'art. 3, n. 3, prima frase

Quali siano i requisiti risultanti da tale disposizione per l'idoneità alla registrazione di una denominazione descrittiva ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c).

In particolare: se tali requisiti siano sempre gli stessi per tutti i casi, o se siano invece differenziati a seconda del grado che di volta in volta presenta la necessità che l'indicazione in questione resti disponibile ("Freihaltebedürfinis").

In particolare, se sia compatibile con questa disposizione la costante giurisprudenza tedesca secondo la quale, in presenza di denominazioni descrittive per le quali sussiste la necessità che restino disponibili ("Freihaltebedürfinis"), sia necessario o debba essere dimostrato un grado di imposizione nel commercio ("Verkehrsdurchsetzung") delle stesse in una percentuale degli ambienti commerciali interessati superiore al 50%.

Se da questa disposizione si possano evincere criteri circa le modalità di accertamento del carattere distintivo acquisito a seguito dell'uso del marchio».

V - Nel merito

A - Sulla prima questione

23 Con la prima e terza parte della prima questione pregiudiziale, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice a quo chiede in sostanza se, e a quali condizioni, un'indicazione geografica possa costituire un marchio e, in caso di risposta positiva, in quale misura un tale marchio sia tutelato nei confronti di terzi.

24 Per rispondere a tale quesito occorre innanzi tutto ricordare l'obiettivo della direttiva e la ragione che giustifica la tutela di un marchio.

25 Come risulta dal primo e terzo considerando, la direttiva mira ad un primo ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri che presentano disparità in materia di marchi d'impresa, dal momento che le disparità esistenti possono ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi e falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune.

26 A tale fine, la direttiva stabilisce soprattutto norme comuni riguardanti la registrazione e l'eventuale successiva constatazione di nullità del marchio, e inoltre determina il contenuto e i limiti della tutela del diritto al marchio d'impresa, lasciando agli Stati membri il compito di regolare i dettagli, in particolare quelli relativi alle procedure.

27 Gli obiettivi fondamentali del sistema adottato dal legislatore comunitario sono la salvaguardia e la tutela della funzione essenziale del marchio d'impresa. Questa funzione, come risulta in particolare dal settimo considerando e dagli artt. 2 e 3, n. 1, lett. b), e n. 3, e dagli artt. 5, n. 5, e 10, n. 2, lett. a), della direttiva, consiste, da una parte, nell'individuare i prodotti di un'impresa e nel contraddistinguerli da quelli di altre imprese (carattere distintivo del marchio) e, dall'altra, nel collegarli ad una determinata impresa (garanzia di provenienza).

Infatti, come la Corte ha più volte sottolineato, «la funzione essenziale del marchio (...) consiste nel garantire al consumatore o all'utente finale l'identità originale del prodotto contrassegnato dal marchio, consentendogli di contraddistinguerlo senza alcuna possibilità di confusione da prodotti di provenienza diversa (4)».

28 A mio parere, è appunto in considerazione di questa funzione del marchio d'impresa che l'art. 3, n. 1, della direttiva fa dell'assenza del carattere distintivo un motivo autonomo di impedimento alla registrazione o di nullità del marchio [lett. b)], ma anche un motivo più specifico di nullità o di impedimento alla registrazione dei marchi d'impresa che sono composti esclusivamente da indicazioni descrittive [lett. c)] o sono divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nel commercio [lett. d)].

29 Infatti, sebbene nel testo della direttiva i casi previsti alle lett. c) e d) siano, da un punto di vista formale, distinti dal caso della lett. b), in sostanza sono dei casi più particolari o più specifici o semplicemente più caratteristici di assenza di carattere distintivo del marchio d'impresa, che precisano e chiariscono la nozione generale di assenza di carattere distintivo, senza introdurre nozioni di altro genere o radicalmente diverse da questa (5). Si giunge alla stessa conclusione anche interpretando parallelamente il paragrafo sopra menzionato e l'art. 3, n. 3, ai sensi del quale un marchio d'impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se a seguito dell'uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. In altri termini, in questi casi, disciplinati all'art. 3, n. 3, il marchio d'impresa acquisisce in un momento successivo la qualità che gli mancava inizialmente e la cui assenza ostava alla sua registrazione o ne consentiva la dichiarazione di nullità, vale a dire il carattere distintivo. Di conseguenza, occorre considerare che i casi non previsti specificamente dall'art. 3, n. 1, lett. c) o d), rientrano nell'ambito dell'art. 3, n. 1, lett. b) (6).

30 Passando all'esame della disposizione controversa dell'art. 3, n. 1, lett. c), risulta dalla sua stessa formulazione che devono essere soddisfatte tre condizioni affinché un marchio d'impresa costituito da un'indicazione geografica ricada nell'ambito di applicazione di tale disposizione: a) il marchio d'impresa dev'essere composto esclusivamente da un'indicazione geografica; b) in commercio, l'indicazione deve poter servire a designare la provenienza geografica; c) la provenienza geografica deve costituire una caratteristica del prodotto. Più in particolare:

a) Esclusività

31 Innanzi tutto si deve osservare che rientrano nell'ambito di applicazione di questa disposizione solo i marchi d'impresa costituiti «esclusivamente» da segni o indicazioni di contenuto puramente descrittivo. Di conseguenza, non rientrano in questa fattispecie i marchi d'impresa composti i quali, oltre alle indicazioni in questione, comprendono una o più parole, immagini, rappresentazioni, ecc., che, isolatamente o in combinazione con l'indicazione descrittiva, conferiscono al marchio d'impresa un carattere distintivo. Da questo punto di vista, a mio parere, i marchi d'impresa come quelli dell'attrice nel procedimento principale, riportati sub A, B, C, D ed E, e quello della seconda convenuta, riportato sub c), non rientrano nell'ambito di applicazione della disposizione controversa (7).

32 Di conseguenza, nei casi come quelli del procedimento principale, il problema si pone per i marchi d'impresa composti esclusivamente da un'indicazione geografica, come i marchi dell'attrice, riportati sub F e G, e come quelli delle convenute, rappresentati sub a) e b).

b) Provenienza geografica

33 Come si è già osservato, dall'ordinanza di rinvio risulta che le autorità tedesche considerano un'indicazione geografica, quale l'indicazione «Chiemsee», come descrittiva e, di conseguenza, non soggetta a registrazione. Tuttavia l'accettano, esclusivamente per il fatto che la sua rappresentazione grafica è ogni volta diversa. Su questo punto il giudice di rinvio menziona i marchi d'impresa dell'attrice rappresentati sub F e G, i quali si differenziano soltanto per la specifica soluzione grafica del termine «Chiemsee» di cui sono costituiti.

34 Consideriamo questa interpretazione erronea. Quando l'unico o il principale elemento costitutivo di un marchio d'impresa è un termine geografico, per stabilire se questo termine possa servire a designare la provenienza geografica, ai sensi della disposizione controversa, si deve ricorrere a criteri oggettivi, tenuto conto del significato che il termine considerato in sé comporta. L'unico o il principale elemento costitutivo di marchi d'impresa come quelli rappresentati sub F e G, nonché sub a) e b), è l'elemento verbale, ossia l'impressione sonora prodotta dalla percezione del termine «Chiemsee» sull'udito o sull'immaginazione dell'ascoltatore o dello spettatore. L'impressione visiva provocata da ciascuno di questi marchi ha una portata limitata e gioca un ruolo del tutto secondario nella percezione del marchio, perché essa si limita a una diversa soluzione grafica dello stesso termine [nel marchio rappresentato sub b), il termine «Chiemsee» è semplicemente posizionato all'interno di un'ellisse di colore più scuro], senza che intervengano altri termini o immagini che rafforzino il marchio o lo mettano in evidenza. In questo modo si genera confusione rispetto alla relazione tra i marchi, perché si dà l'impressione che si tratti semplicemente di varianti dello stesso marchio e, per estensione, di prodotti provenienti dalla stessa impresa commerciale a cui appartiene il marchio. In conclusione, la differente soluzione grafica dello stesso termine non costituisce un elemento distintivo o supplementare che si asserisce venga ad aggiungersi al termine geografico, in modo che ogni volta si crei un nuovo marchio «composto», come a torto suppone il giudice di rinvio. Si tratta di semplici marchi che sono identici o simili [come i marchi riportati sub F e sub a)], per cui danno l'impressione di essere varianti dello stesso marchio d'impresa.

La tesi contraria avrebbe come risultato la moltiplicazione all'infinito di marchi d'impresa costituiti dallo stesso termine, visto che i modi in cui un termine può essere rappresentato graficamente sono infiniti. Ciò comporterebbe una confusione totale sul mercato e moltiplicherebbe i conflitti tra marchi d'impresa, cosa che non poteva essere nelle intenzioni del legislatore comunitario (8).

35 Occorre inoltre osservare che la disposizione controversa non può escludere in blocco tutti i termini geografici.

E' evidente, ad esempio, che le indicazioni geografiche immaginarie, mitiche o inesistenti (per esempio «Thule», «Utopia», «No Man's Land», «Atlantide», ecc.) non rientrano nell'ambito di applicazione di questa disposizione, vista l'impossibilità che queste designino una provenienza geografica.

Lo stesso vale per i nomi di città, luoghi o regioni scomparsi o che hanno cambiato denominazione nel corso dei secoli (per esempio «Bisanzio», «Dacia», «Lutezia», «Babilonia», ecc.).

Inoltre, non possono rientrare nell'ambito di applicazione di questa disposizione le indicazioni geografiche che non possono logicamente o verosimilmente designare la provenienza geografica dei relativi prodotti. A questo riguardo, solitamente si citano il marchio «Mont Blanc» per le penne (perché nessuno può logicamente pensare che questo prodotto provenga dalla montagna in questione) e «Pôle Nord» per le banane (perché il clima a quella latitudine ne impedisce la coltura), ecc.

Analogamente, non si possono prendere in considerazione le indicazioni geografiche completamente sconosciute, vale a dire le indicazioni che fanno riferimento a luoghi sconosciuti al grande pubblico, situati all'interno o all'esterno dello Stato membro in cui si pone la questione della tutela del marchio d'impresa, visto che in ogni caso il pubblico non è in grado di mettere in relazione il prodotto di cui si tratta con i luoghi indicati dai relativi termini geografici.

36 In tutti i casi sopra menzionati, il termine geografico non designa la provenienza geografica del prodotto, vuoi in ragione della natura stessa del prodotto, vuoi delle circostanze e, di conseguenza, può essere legittimamente utilizzato come marchio d'impresa. Questo è dovuto al fatto che il legame tra il significante (la denominazione) e il significato (ciò che si designa con la denominazione) è arbitrario (9), ossia talmente originale e imprevedibile che permette di individuare il prodotto e distinguerlo da corrispondenti prodotti di altre imprese. In questi casi, dunque, il marchio d'impresa soddisfa la sua funzione distintiva.

37 Da quanto precede si evince che la disposizione controversa non osta all'utilizzazione di tutti i termini geografici in generale, ma soltanto di alcuni tra questi. A mio parere, si tratta dei termini geografici che, al momento del deposito del marchio d'impresa, non erano ancora consolidati ma potevano costituire «indicazioni di provenienza» o «denominazioni d'origine», nel senso specifico che tali termini avevano nel diritto comunitario al momento dell'adozione della direttiva.

Infatti, se il legislatore comunitario avesse voluto escludere le indicazioni che semplicemente designano la provenienza geografica, avrebbe fatto riferimento ai segni che designano questa provenienza, perché questa è la funzione primordiale delle indicazioni geografiche, tanto nel linguaggio comune quanto nel commercio. Il fatto che la direttiva usi la perifrasi «che in commercio possono servire a designare(...)» significa, a mio parere, che queste indicazioni hanno lo specifico significato sopra definito.

38 In diritto comunitario, i termini «indicazione di provenienza» e «denominazione d'origine» avevano un significato preciso ben prima che il legislatore comunitario li definisse nel regolamento (CEE) n. 2081/92 (10), almeno per quel che concerne il settore dei prodotti agricoli ed alimentari.

39 Nella sua giurisprudenza, la Corte ha precisato il contenuto di questi termini, soprattutto nell'ambito dell'interpretazione dell'art. 36 del Trattato CE. In alcune cause si era posta la questione di stabilire se restrizioni alla libera circolazione delle merci imposte da misure nazionali potessero essere giustificate dalla tutela di diritti che costituiscono l'oggetto specifico della proprietà industriale e commerciale, e in particolare delle «indicazioni di provenienza» e delle «denominazioni d'origine».

40 Nella sentenza 20 febbraio 1975, Commissione/Germania (11), la Corte ha dichiarato che «le denominazioni d'origine e le indicazioni di provenienza, cui la direttiva si riferisce, devono, a prescindere dagli elementi che possono più particolarmente caratterizzarle, possedere un requisito minimo: esse devono mettere in rilievo la provenienza del prodotto da una determinata zona geografica. Nella misura in cui le predette denominazioni sono giuridicamente tutelate, esse devono giustificare tale protezione, cioè apparire necessarie non solo per difendere i produttori interessati dalla concorrenza sleale, ma altresì per impedire che i consumatori siano tratti in inganno da indicazioni fallaci.

La loro ragion d'essere consiste precisamente nel designare un prodotto che possieda in effetti qualità e caratteristiche intimamente connesse alla zona di provenienza.

Per quanto riguarda più specificamente le indicazioni di provenienza, il collegamento con la zona geografica d'origine deve poter evocare una qualità e caratteristiche tali da consentire una precisa individuazione del prodotto» (punto 7).

41 D'altra parte, nella sentenza 13 marzo 1984, Prantl (12), precisata dalla sentenza 10 novembre 1992, Exportur (13), la Corte ha riconosciuto che un certo tipo di bottiglia contenente un prodotto poteva costituire «una designazione indiretta di origine geografica» (si trattava della bottiglia «Bocksbeutel», utilizzata dai produttori di vino della Franconia e del Baden per la presentazione dei loro vini). Come risulta dalla sentenza, questa indicazione può essere tutelata se è tradizionalmente utilizzata dai produttori di una determinata regione per distinguere i loro prodotti, ma gli artt. 30 e 36 del Tra

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