EUR-Lex -  62004CJ0113 - IT
Karar Dilini Çevir:

Causa C-113/04 P

Technische Unie BV

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Intese — Mercato dei materiali elettrotecnici nei Paesi Bassi — Associazione nazionale di grossisti — Accordi e pratiche concordate aventi ad oggetto un regime collettivo di esclusiva e la fissazione dei prezzi — Ammende»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate l’8 dicembre 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 21 settembre 2006 

Massime della sentenza

1.     Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17)

2.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Errata valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione degli elementi probatori — Esclusione, salvo il caso di snaturamento

(Art. 225 CE; Statuto della Corte di giustizia , art. 58, primo comma)

3.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Motivazione insufficiente o contraddittoria

4.     Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Prova

5.     Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Prova

(Art. 81, n. 1, CE)

6.     Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Accordi e pratiche concordate idonei ad essere considerati costitutivi di un’infrazione unica

(Art. 81, n. 1, CE)

7.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

8.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte

1.     L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto comunitario, del quale il giudice comunitario assicura il rispetto.

Nondimeno, la constatazione della durata eccessiva del procedimento non imputabile alle imprese interessate può condurre all’annullamento, per violazione del detto principio, di una decisione che constata un’infrazione solo se tale durata, pregiudicando i diritti della difesa delle imprese, ha potuto incidere sull’esito del procedimento.

Nella sua analisi il giudice comunitario deve prendere in considerazione l’insieme del procedimento, dall’inizio delle indagini della Commissione fino all’adozione della decisione finale.

È importante infatti evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria che precede l’invio della comunicazione degli addebiti e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti della difesa per la durata eccessiva del procedimento amministrativo non deve essere limitato alla sola seconda fase di quest’ultimo, ma deve vertere anche sulla fase antecedente alla comunicazione degli addebiti e, in particolar modo, verificare se l’eccessiva durata abbia potuto pregiudicare le future possibilità di difesa delle imprese interessate.

(v. punti 40, 47-48, 54-56)

2.     Risulta dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia che il Tribunale è competente in via esclusiva, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha constatato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto.

La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti, né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di assunzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte.

(v. punti 82-83)

3.     La questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente costituisce una questione di diritto che può, in quanto tale, essere sollevata nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

In proposito, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni poste a fondamento della decisione e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo.

(v. punti 84-85)

4.     È sufficiente che la Commissione provi che un’impresa ha partecipato a riunioni nel corso delle quali sono stati conclusi accordi a carattere anticoncorrenziale, senza che essa si sia opposta a questi ultimi in forma manifesta, perché sia sufficientemente dimostrata la sua partecipazione ad un’intesa. Quando sia accertato che un’impresa ha preso parte a simili riunioni, spetta ad essa addurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione a queste ultime era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, fornendo la prova di aver dichiarato ai propri concorrenti che partecipava alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro.

(v. punto 114)

5.     Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

Simili indizi e coincidenze consentono infatti di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento continuato contrario alle regole di concorrenza e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione di tali regole.

Il Tribunale può quindi, senza commettere errori di diritto, fondare la propria valutazione dell’esistenza e della durata di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale su una valutazione complessiva di tutte le prove e gli indizi pertinenti. Tuttavia, la questione di quale valore probatorio sia stato attribuito dal Tribunale a ciascun elemento di tali prove e indizi forniti dalla Commissione costituisce una questione attinente alla valutazione dei fatti che esula, in quanto tale, dal controllo della Corte nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

Il fatto che la prova dell’esistenza di un’infrazione continuata non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione di questo tipo, estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unitario e continuato.

(v. punti 165-167, 169)

6.     Una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé e presi isolatamente una violazione della detta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme.

A tal riguardo, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di tali azioni, ove risulti che quest’ultime hanno ad oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

(v. punti 178, 183)

7.     Il Tribunale è competente in via esclusiva a controllare il modo in cui la Commissione ha valutato, in ciascun caso di specie, la gravità dei comportamenti illeciti alla luce delle regole di concorrenza del Trattato. Nell’ambito di un ricorso di impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a verificare che il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati a sostengo della domanda di annullamento dell’ammenda o di riduzione dell’importo di quest’ultima.

(v. punto 196)

8.     Non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso di impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, sull’importo delle ammende inflitte ad imprese a causa della violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario.

(v. punto 210)


SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

21 settembre 2006 (*)

Indice


Fatti all’origine della controversia

Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

Motivi di impugnazione

Sull’impugnazione

Sul primo motivo, relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

Argomenti delle parti

– Sulla prima parte del primo motivo, relativa alla distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo

– Sulla seconda parte del primo motivo, relativa alla durata eccessiva del procedimento amministrativo

– Sulla terza parte del primo motivo, relativa alla violazione dei diritti della difesa

Giudizio della Corte

Sul secondo motivo, relativo alla presunta esclusione della prova a discarico successiva alla lettera di preavviso

Argomenti delle parti

Giudizio della Corte

– Osservazioni preliminari

– Esame del secondo motivo

Sul terzo motivo, relativo alla partecipazione della TU alle infrazioni constatate dalla Commissione

Sulla prima parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU al regime collettivo di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU all’estensione del regime collettivo di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla terza parte del terzo motivo, relativa alla partecipazione della TU all’infrazione in materia di prezzi

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sul quarto motivo, relativo alla determinazione della durata delle infrazioni imputate alla TU dalla Commissione

Sulla prima parte del quarto motivo, relativa alla durata del regime collettivo di esclusiva

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla seconda parte del quarto motivo, relativa alla durata dell’infrazione in materia di fissazione dei prezzi

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla terza parte del quarto motivo, relativa alla durata delle infrazioni imputate alla TU

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sul quinto motivo, relativo alla richiesta di riduzione dell’importo dell’ammenda

Sulla prima parte del quinto motivo, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della determinazione asseritamente erronea della durata delle infrazioni imputate alla TU

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla seconda parte del quinto motivo, relativa alla riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della durata eccessiva del procedimento amministrativo

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulla terza parte del quinto motivo, relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda con riguardo alla partecipazione della TU alle infrazioni contemplate nella decisione controversa

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

Sulle spese

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Intese – Mercato dei materiali elettrotecnici nei Paesi Bassi – Associazione nazionale di grossisti – Accordi e pratiche concordate aventi ad oggetto un regime collettivo di esclusiva e la fissazione dei prezzi – Ammende»

Nel procedimento C‑113/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 26 febbraio 2004,

Technische Unie BV, con sede in Amstelveen (Paesi Bassi), rappresentata dai sigg. P. Bos e C. Hubert, advocaten,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied, con sede a L’Aia (Paesi Bassi), rappresentata dal sig. E. Pijnacker Hordijk, advocaat,

ricorrente in primo grado,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. W. Wils, in qualità di agente, assistito dal sig. H. Gilliams, advocaat, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

CEF City Electrical Factors BV, con sede in Rotterdam (Paesi Bassi),

CEF Holdings Ltd, con sede in Kenilworth (Regno Unito),

rappresentate dai sigg. C. Vinken‑Geijselaers, J. Stuyck e M. Poelman, advocaten, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dal sig. K. Schiemann (relatore), dalla sig.ra N. Colneric, e dai sigg. E. Juhász e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 settembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 dicembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il suo ricorso di impugnazione, la Technische Unie BV (in prosieguo: la «TU») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 16 dicembre 2003, cause riunite T‑5/00 e T‑6/00, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie/Commissione (Racc. pag. II‑5761; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), o, quanto meno, l’annullamento di tale sentenza nella parte relativa al procedimento T‑6/00, con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso della detta ricorrente diretto all’annullamento della decisione della Commissione 26 ottobre 1999, 2000/117/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE [Caso IV/33.884 – Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie (FEG e TU)] (GU 2000, L 39, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Fatti all’origine della controversia

2       Il 18 marzo 1991, la società CEF Holdings Ltd, grossista di materiale elettrotecnico con sede nel Regno Unito, nonché la sua controllata CEF City Electrical Factors BV, creata dalla detta società per insediarsi nel mercato olandese (in prosieguo congiuntamente denominate: la «CEF»), hanno presentato alla Commissione delle Comunità europee una denuncia riguardante i problemi di approvvigionamento da esse incontrati nei Paesi Bassi.

3       Tale denuncia riguardava tre associazioni di imprese operanti sul mercato olandese dei materiali elettrotecnici. Oltre alla Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied (Associazione federativa olandese per il commercio all’ingrosso nel settore elettrotecnico; in prosieguo: la «FEG»), si trattava della Nederlandse Vereniging van Alleenvertegenwoordigers op Elektrotechnisch Gebied (Associazione olandese dei rappresentanti esclusivi nel settore elettrotecnico; in prosieguo: la «NAVEG») e della Unie van de Elektrotechnische Ondernemers (Unione delle imprese del settore elettrotecnico; in prosieguo: l’«UNETO»).

4       Nella denuncia suddetta, la CEF accusava le tre associazioni sopra indicate e i loro membri di aver concluso accordi collettivi di esclusiva reciproca a tutti i livelli della filiera di distribuzione del materiale elettrotecnico nei Paesi Bassi, ciò che avrebbe reso quasi impossibile l’insediamento nel mercato olandese di un grossista di materiale elettrotecnico che non fosse membro della FEG. Infatti, i fabbricanti e i loro agenti o importatori avrebbero fornito materiale elettrotecnico soltanto ai membri della FEG e gli installatori si sarebbero riforniti soltanto presso questi ultimi.

5       Successivamente, nel 1991 e nel 1992, la CEF ha esteso la portata della propria denuncia per contestare alcuni accordi intervenuti tra la FEG e i suoi membri in materia di prezzi e riduzioni di prezzi, taluni accordi diretti ad escludere la CEF dalla partecipazione a determinati progetti, nonché taluni accordi verticali sui prezzi tra alcuni fabbricanti di materiale elettrotecnico e i grossisti membri della FEG.

6       Dopo aver inviato, il 16 settembre 1991, una lettera di preavviso alla FEG e ai membri di quest’ultima (in prosieguo: la «lettera di preavviso»), nonché varie richieste di informazioni all’associazione suddetta, e dopo l’effettuazione di verifiche da parte dei suoi servizi in merito alle presunte concertazioni praticate dai membri della FEG, la Commissione, in data 3 luglio 1996, ha comunicato i propri addebiti a quest’ultima e a sette suoi membri, tra i quali figurava la TU. Il 19 novembre 1997 si è svolta un’audizione in presenza di tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti nonché della CEF.

7       Il 26 ottobre 1999 la Commissione ha adottato la decisione controversa, nella quale si constata che:

–       la FEG ha violato l’art. 81, n. 1, CE istituendo, sulla base di un accordo con la NAVEG e di pratiche concordate con fornitori non rappresentati in quest’ultima associazione, un regime collettivo di esclusiva volto a impedire le forniture a imprese non aderenti alla FEG stessa (art. 1 della decisione controversa);

–       la FEG ha violato l’art. 81, n. 1, CE limitando, direttamente e indirettamente, la libertà dei suoi membri di fissare autonomamente i propri prezzi di vendita. A tal fine essa ha adottato la decisione vincolante sui prezzi fissi e la decisione vincolante sulle pubblicazioni, ha diffuso fra i suoi membri raccomandazioni sui prezzi lordi e netti, e ha fornito loro un forum per negoziare su prezzi e riduzioni (art. 2 della decisione controversa);

–       la TU ha violato l’art. 81, n. 1, CE partecipando attivamente alle infrazioni di cui agli artt. 1 e 2 della decisione controversa (art. 3 di tale decisione).

8       Per le infrazioni menzionate al punto precedente sono state inflitte alla FEG e alla TU ammende ammontanti, rispettivamente, a EUR 4,4 milioni ed EUR 2,15 milioni (art. 5 della decisione controversa).

9       Tuttavia, tenuto conto della considerevole durata del procedimento (102 mesi), la Commissione ha deciso, di propria iniziativa, di ridurre di EUR 100 000 l’importo delle ammende. La decisione controversa afferma al riguardo quanto segue:

«(152) (...) La Commissione riconosce che la durata del procedimento nel presente caso, avviato nel 1991, è notevole, e questo per ragioni di natura diversa, imputabili parzialmente alla Commissione ma anche alle parti stesse. La Commissione riconosce la propria responsabilità per i ritardi che possono esserle imputati.

(153)          Per tale motivo la Commissione riduce l’importo dell’ammenda [da 4,5 milioni ] a 4,4 milioni di EUR per FEG e [da 2,25 milioni a] 2,15 milioni di EUR per TU».

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

10     Con atto introduttivo depositato dinanzi al Tribunale il 14 gennaio 2000 (causa T‑6/00), la TU ha proposto un ricorso diretto ad ottenere, in via principale, l’annullamento della decisione controversa, in subordine, l’annullamento dell’art. 5, n. 2, di quest’ultima e, in ulteriore subordine, la riduzione a EUR 1 000 dell’importo dell’ammenda inflittale.

11     Con atto introduttivo depositato lo stesso giorno dinanzi al Tribunale (causa T‑5/00), la FEG ha proposto un ricorso avente il medesimo oggetto di quello presentato dalla TU.

12     Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale in data 16 ottobre 2000, la CEF è stata ammessa ad intervenire in giudizio a sostegno delle conclusioni della Commissione.

13     I ricorsi della FEG e della TU, che sono stati riuniti ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza, sono stati respinti dalla sentenza impugnata. Le dette ricorrenti sono state condannate a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione e dalle parti intervenute in primo grado in ciascuna delle cause da esse rispettivamente introdotte.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

14     Nel suo ricorso di impugnazione, la TU conclude che la Corte voglia:

–       annullare la sentenza impugnata e statuire essa stessa sulla domanda di annullamento della decisione controversa; in subordine, annullare la detta sentenza e rinviare la causa dinanzi al Tribunale di primo grado;

–       annullare in tutto o in parte la decisione controversa nella parte riguardante la TU o, statuendo nuovamente, disporre una riduzione sostanziale dell’importo dell’ammenda inflittale;

–       condannare la Commissione alle spese del giudizio, ivi comprese quelle relative al procedimento dinanzi al Tribunale.

15     La Commissione conclude che la Corte voglia:

–       rigettare l’impugnazione nella sua interezza perché irricevibile o, quanto meno, perché infondata;

–       condannare la TU alle spese.

 Motivi di impugnazione

16     A sostegno della sua impugnazione la TU deduce cinque motivi, aventi ad oggetto:

–       la violazione del diritto comunitario e/o della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), o, quanto meno, l’incomprensibilità della motivazione della sentenza impugnata laddove il Tribunale ha statuito che il superamento del termine ragionevole non può giustificare l’annullamento della decisione controversa o un’ulteriore riduzione dell’ammenda;

–       la violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto la sentenza impugnata sarebbe viziata da una contraddizione interna a causa dell’ambiguità che caratterizza l’importanza riconosciuta dal Tribunale alla data di notifica della lettera di preavviso;

–       un errore di diritto o una motivazione incomprensibile della sentenza impugnata laddove il Tribunale ha statuito che giustamente la Commissione ha ritenuto la TU responsabile delle infrazioni contemplate agli artt. 1 e 2 della decisione controversa;

–       un errore di diritto o una motivazione incomprensibile della sentenza impugnata laddove il Tribunale ha considerato entrambe le infrazioni contemplate agli artt. 1 e 2 della decisione controversa come infrazioni a carattere continuato commesse durante i periodi esaminati, e inoltre laddove ha preso a riferimento gli stessi periodi interessati dalle infrazioni sopra citate per calcolare la durata dell’infrazione di cui all’art. 3 della detta decisione;

–       un errore di diritto dovuto al fatto che, malgrado l’erronea valutazione della durata delle infrazioni e la violazione del principio del termine ragionevole, il Tribunale ha omesso di concedere un’ulteriore riduzione dell’ammenda o, quanto meno, ha motivato in modo insufficiente tale valutazione.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo, relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

 Argomenti delle parti

17     Nell’ambito del suo primo motivo, la TU addebita al Tribunale di aver violato il diritto comunitario e/o la CEDU o, quanto meno, di aver motivato la sentenza impugnata in modo incomprensibile statuendo che il superamento del termine ragionevole non poteva giustificare l’annullamento della decisione controversa o un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla detta ricorrente. Tale motivo è articolato in tre parti.

–       Sulla prima parte del primo motivo, relativa alla distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo

18     La TU si duole che il Tribunale abbia statuito, ai punti 78 e 79 della sentenza impugnata, che il prolungamento della fase del procedimento amministrativo antecedente alla comunicazione degli addebiti non era idoneo a ledere i diritti della difesa in quanto, in un procedimento in materia di politica comunitaria della concorrenza, gli interessati non sono destinatari di alcuna accusa formale sino al ricevimento della detta comunicazione. Pertanto, nel valutare il carattere ragionevole del termine, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare 57 mesi del procedimento amministrativo.

19     La TU fa valere che, per stabilire se il principio del termine ragionevole sia stato rispettato, occorre considerare tanto la durata complessiva del procedimento amministrativo quanto le diverse fasi del medesimo. Essa ritiene che, operando una distinzione tra le due fasi del detto procedimento e ritenendo che la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti fosse «non pertinente» per valutare il carattere ragionevole del termine, il Tribunale abbia agito in maniera incompatibile con il diritto comunitario.

20     Inoltre, il Tribunale avrebbe disatteso la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, rilevando, ai punti 79 e 80 della sentenza impugnata, che la data ufficiale di ricevimento della comunicazione degli addebiti doveva essere considerata come il momento a partire dal quale gli interessati costituiscono l’oggetto di un’accusa formale nonché come il momento di inizio del procedimento di cui all’art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), e che, nei procedimenti sanzionatori come quello di cui al caso di specie, il termine ragionevole contemplato dall’art. 6, n. 1, della CEDU inizia a decorrere dal detto momento.

21     Orbene, la TU sostiene che, nelle specifiche circostanze del caso di specie, il «momento dell’accusa formale» coincide non con il ricevimento della comunicazione degli addebiti, bensì con quello della lettera di preavviso oppure con la prima richiesta di informazioni.

22     La Commissione fa valere per parte sua che la prima parte del primo motivo invocato dalla TU si basa su un’erronea lettura della sentenza impugnata. A suo avviso, al punto 77 di tale pronuncia, il Tribunale ha constatato che la prima fase del procedimento amministrativo aveva avuto una durata irragionevolmente lunga; il detto giudice ha dunque tenuto conto della prima fase suddetta nel valutare il carattere ragionevole o meno del tempo trascorso tra i primi atti del procedimento e l’adozione della decisione controversa.

23     La Commissione sostiene che il Tribunale – giudicando che tanto la prima quanto la seconda fase del procedimento amministrativo avevano richiesto un tempo eccessivo, e verificando poi se un tale superamento del termine ragionevole avesse pregiudicato i diritti della difesa della TU – si è comportato in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, secondo cui una durata irragionevole delle diverse fasi dell’indagine non comporta automaticamente una violazione del principio del termine ragionevole. Sarebbe altresì necessario che le imprese interessate dimostrino che tale durata irragionevole ha arrecato pregiudizio ai diritti della difesa (sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti 173‑178).

24     Nella presente causa, ad avviso della Commissione, la TU non ha fornito una prova convincente della sua affermazione secondo cui la durata eccessiva del procedimento amministrativo ha arrecato pregiudizio ai diritti della difesa.

25     La Commissione sottolinea altresì che dai punti 87‑92 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale, nell’esaminare la questione se la durata irragionevole del procedimento amministrativo da esso constatata avesse nuociuto ai diritti della difesa della TU, ha incentrato la propria analisi tanto sulla prima quanto sulla seconda fase del procedimento stesso.

26     In subordine, la Commissione fa osservare che la questione se sia la data della comunicazione degli addebiti oppure quella del ricevimento della lettera di preavviso a dover essere presa in considerazione ai fini della formulazione dell’incolpazione a carico della TU, ai sensi dell’art. 6 della CEDU, è priva di rilevanza, in quanto la semplice lettura dei punti 76‑85 della sentenza impugnata mostra chiaramente che il Tribunale ha esaminato la questione del rispetto del principio del termine ragionevole in rapporto tanto alla prima fase del procedimento amministrativo – iniziata con il ricevimento della lettera di preavviso – quanto alla seconda fase del procedimento stesso.

27     La Commissione propone dunque di respingere la prima parte del primo motivo perché infondata.

–       Sulla seconda parte del primo motivo, relativa alla durata eccessiva del procedimento amministrativo

28     La TU fa valere che il Tribunale ha omesso di constatare alcune violazioni commesse dalla Commissione. In particolare, la comunicazione degli addebiti sarebbe stata inviata alla FEG e ai suoi membri soltanto 57 mesi dopo l’invio della lettera di preavviso. In tal modo, secondo la TU, la Commissione ha lasciato a lungo le interessate in uno stato di incertezza quanto alle azioni che potevano essere intraprese nei loro confronti.

29     La lunghezza del procedimento amministrativo avrebbe dovuto portare il Tribunale a riconoscere prima facie l’esistenza di una violazione del principio del termine ragionevole. Indipendentemente dalla questione se i diritti della difesa della TU siano stati effettivamente violati, un superamento così notevole del termine suddetto avrebbe dovuto permettere al Tribunale di concludere che la decisione controversa non avrebbe dovuto essere adottata in questi termini, in quanto nessun interessato deve essere costretto a restare nell’incertezza per un periodo così lungo.

30     La Commissione ricorda che, secondo una costante giurisprudenza, la durata irragionevolmente lunga del procedimento amministrativo può dar luogo all’annullamento della decisione della detta istituzione soltanto se le imprese interessate dimostrino che il superamento del termine ragionevole ha leso i diritti della difesa. Tale questione sarebbe stata esaminata dal Tribunale ai punti 87‑93 della sentenza impugnata, dove il detto giudice ha concluso che non esisteva alcuna prova di una lesione degli interessi della TU.

31     La Commissione fa valere che l’affermazione secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di constatare varie violazioni del termine ragionevole mira a rimettere in discussione una valutazione di fatto compiuta dal detto giudice ed è, pertanto, manifestamente irricevibile.

–       Sulla terza parte del primo motivo, relativa alla violazione dei diritti della difesa

32     La TU sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto o ha, quanto meno, motivato la sentenza impugnata in maniera incomprensibile laddove ha dichiarato che i diritti della difesa della TU non erano stati pregiudicati dalla durata irragionevolmente lunga del procedimento amministrativo (punto 79 della sentenza impugnata, letto in connessione con i successivi punti 93 e 94).

33     La ricorrente sostiene inoltre che i diritti della difesa sono stati pregiudicati nel corso della fase precedente al ricevimento della comunicazione degli addebiti. Essa fa riferimento in particolare alle conseguenze sfavorevoli che avrebbe incontrato sul piano della raccolta delle prove, a motivo della durata della fase suddetta.

34     La TU afferma di essere stata privata della possibilità di svolgere una ricerca fruttuosa delle prove. A causa del decorso di un lasso di tempo troppo lungo, sarebbe stato sempre più difficile raccogliere le prove a discarico che le si richiedevano, malgrado essa avesse agito rispettando il dovere generale di prudenza incombente a qualsiasi impresa, come sottolineato dal Tribunale al punto 87 della sentenza impugnata.

35     Per parte sua, la Commissione ritiene, in via principale, che la terza parte del primo motivo miri a rimettere in discussione la valutazione di fatto compiuta dal Tribunale ai punti 87‑93 della sentenza impugnata e sia dunque manifestamente irricevibile.

36     In subordine, la Commissione censura l’argomento della TU secondo cui la durata eccessivamente lunga dell’indagine non avrebbe consentito a tale società di svolgere convenientemente le proprie ricerche in materia di prove. Al riguardo, la Commissione ricorda che tali argomenti sono stati sottoposti dalla TU al Tribunale, il quale li ha respinti ai punti 87 e 88 della sentenza impugnata. Le conclusioni alle quali il Tribunale è giunto in tali punti non verrebbero in alcun modo confutate dalla TU.

37     Anche la CEF fa valere, nella sua risposta alla comunicazione del ricorso di impugnazione, che il primo motivo dedotto dalla TU si basa su un’erronea lettura della sentenza impugnata. Nell’ambito della valutazione del termine ragionevole, il Tribunale avrebbe giustamente incentrato il proprio esame sul periodo decorrente dalla data della richiesta di informazioni, vale a dire il 25 luglio 1991.

38     Per quanto riguarda il termine ragionevole e la violazione dei diritti della difesa, la CEF fa riferimento al punto 49 della sentenza 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I‑8417), per sostenere che il Tribunale non ha applicato una nozione giuridica errata laddove ha ritenuto che, sebbene la prima fase del procedimento amministrativo avesse avuto una durata eccessiva, il principio del termine ragionevole non fosse stato violato in assenza della prova di una violazione dei diritti della difesa.

39     Ad ogni modo, la CEF ritiene che si tratti, nel caso di specie, di constatazioni di fatto del Tribunale che non possono essere oggetto di un riesame da parte della Corte. Il primo motivo dovrebbe dunque essere respinto perché irricevibile o, quanto meno, perché infondato.

 Giudizio della Corte

40     L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto comunitario, del quale il giudice comunitario assicura il rispetto (sentenze 18 marzo 1997, causa C‑282/95 P, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. I‑1503, punti 36 e 37, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punti 167‑171).

41     Occorre verificare se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto respingendo gli argomenti relativi alla presunta violazione del detto principio da parte della Commissione.

42     Contrariamente a quanto asserito dalla TU, il Tribunale ha operato, ai fini dell’applicazione del principio del termine ragionevole, una distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo, vale a dire la fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti e quella corrispondente al resto del procedimento (v. punto 78 della sentenza impugnata).

43     Tale modo di procedere è assolutamente conforme alla giurisprudenza della Corte. Infatti, ai punti 181‑183 della citata sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, la Corte ha statuito, in particolare, che il procedimento amministrativo può essere esaminato distinguendo due fasi temporali successive, ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna. La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, facendo uso dei poteri conferitile dal legislatore comunitario, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione, e deve consentire alla detta istituzione di prendere posizione circa il seguito del procedimento. La seconda fase si estende invece dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata.

44     Dopo aver stabilito la distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo, il Tribunale ha proceduto ad esaminare il carattere eccessivo o meno della durata di ciascuna di esse.

45     Per quanto riguarda la prima fase, il Tribunale ha constatato, al punto 77 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva atteso più di tre anni dopo aver inviato una richiesta di informazioni alla TU il 25 luglio 1991, ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, per effettuare le prime verifiche in loco. Il Tribunale ha riconosciuto che tale durata è eccessiva e deriva da un’inerzia imputabile alla Commissione.

46     Per quanto concerne la seconda fase del procedimento amministrativo, il Tribunale ha rilevato, al punto 85 della sentenza impugnata, che erano trascorsi circa 23 mesi tra l’audizione delle parti e la decisione controversa, e che tale durata doveva ritenersi considerevole, senza che fosse possibile imputarne la responsabilità alla TU e alla FEG. Il Tribunale ha da ciò concluso che la Commissione aveva ecceduto il termine normalmente necessario per l’adozione della detta decisione.

47     Posto che la constatazione della durata eccessiva del procedimento – per la quale non potevano essere considerate responsabili la TU o la FEG – non era di per sé sufficiente per affermare l’esistenza di una violazione del principio del termine ragionevole, il Tribunale ha valutato l’incidenza di tale durata sui diritti della difesa della TU. La premessa di un approccio siffatto emerge dal punto 74 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale ha statuito che il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento solo nel caso di una decisione che constati la commissione di infrazioni, qualora risulti provato che la violazione del detto principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 17.

48     Il ricorso a tale criterio, ai fini della constatazione di una violazione del principio del termine ragionevole, è assolutamente legittimo. Infatti, al punto 49 della citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, nel valutare la durata del procedimento dinanzi al Tribunale, la Corte ha statuito che la presenza di indizi comprovanti che la durata del procedimento ha influito sulla soluzione della controversia può determinare l’annullamento della sentenza impugnata. Il medesimo approccio si ritrova nel ragionamento seguito dal Tribunale allorché ha giudicato che la durata eccessiva del procedimento dinanzi alla Commissione doveva determinare l’annullamento della decisione controversa qualora i diritti della difesa della TU fossero stati compromessi, ipotesi questa nella quale sussiste necessariamente un possibile influsso sull’esito del procedimento.

49     Di conseguenza, occorre valutare l’analisi compiuta dal Tribunale in ordine alla presunta violazione, in tale contesto, dei diritti della difesa della TU.

50     Risulta dalla sentenza impugnata che tale analisi è limitata alla valutazione delle ripercussioni sull’esercizio dei diritti della difesa della TU determinate dalla durata eccessiva della seconda fase del procedimento amministrativo. In particolare, al punto 93 della detta sentenza, il Tribunale ha concluso che l’eccessivo prolungamento del procedimento amministrativo dopo l’audizione non aveva leso i diritti della difesa della TU e della FEG.

51     Quanto alla fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti, il Tribunale ha rilevato, al punto 79 della sentenza impugnata, che il semplice prolungamento di tale fase del procedimento amministrativo non era di per sé idoneo a ledere i diritti della difesa, in quanto alla TU e alla FEG non era stata mossa alcuna accusa formale fino al ricevimento della comunicazione degli addebiti.

52     Tale conclusione è corretta nella misura in cui il Tribunale ha reputato che soltanto dopo l’invio della comunicazione degli addebiti la TU e la FEG fossero state ufficialmente informate delle infrazioni che la Commissione addebitava loro a seguito delle proprie investigazioni. Al ragionamento del Tribunale è sottesa l’idea che sia soltanto nella seconda fase del procedimento amministrativo che le imprese interessate possono far valere pienamente i diritti della difesa, ciò che non avviene durante la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti a motivo dell’assenza di formulazione, da parte della Commissione, delle censure attinenti alle presunte infrazioni da essa constatate.

53     Tuttavia, la constatazione fatta dal Tribunale al punto 79 della sentenza impugnata non tiene conto dell’eventualità che la durata eccessiva della fase istruttoria possa aver influito sull’esercizio dei diritti della difesa da parte della TU nel corso della seconda fase del procedimento amministrativo, vale a dire dopo l’invio della comunicazione degli addebiti.

54     La durata eccessiva della prima fase del procedimento amministrativo può influire sulle future possibilità di difesa delle imprese interessate, in particolare riducendo l’efficacia dei diritti della difesa allorché questi vengono invocati nella seconda fase del procedimento. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 123 delle sue conclusioni, quanto più tempo trascorre tra una misura di indagine quale, nel caso di specie, l’invio della lettera di preavviso e la comunicazione degli addebiti, tanto più diviene probabile che eventuali prove a discarico riguardanti le infrazioni addebitate in tale comunicazione non possano più essere acquisite o possano esserlo soltanto con difficoltà, in particolare per quanto riguarda i testimoni a discarico, segnatamente a causa dei cambiamenti che possono intervenire nella composizione degli organi dirigenti delle imprese interessate e degli avvicendamenti riguardanti gli altri dipendenti di queste ultime. Nella sua analisi del principio del termine ragionevole, il Tribunale non ha sufficientemente preso in considerazione tale aspetto relativo all’attuazione del detto principio.

55     Posto che il rispetto dei diritti della difesa – principio il cui carattere fondamentale è stato sottolineato a più riprese dalla giurisprudenza della Corte (v., segnatamente, sentenza 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 7) – riveste un’importanza capitale nei procedimenti come quello in questione nel presente caso, è importante evitare che tali diritti possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria, e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti della difesa non deve essere limitato alla fase stessa in cui tali diritti producono il loro pieno effetto, vale a dire la seconda fase del procedimento amministrativo. La valutazione relativa all’origine dell’eventuale riduzione dell’efficacia dei diritti della difesa deve estendersi all’insieme di tale procedimento avendo riguardo alla durata complessiva del medesimo.

56     Pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nella misura in cui, nella sentenza impugnata, ha limitato la portata dell’esame della presunta violazione dei diritti della difesa a motivo della durata eccessiva del procedimento amministrativo alla sola seconda fase di quest’ultimo. Il detto giudice ha omesso di verificare se l’eccessiva durata, imputabile alla Commissione, dell’intero procedimento amministrativo – ivi compresa la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti – fosse idonea a pregiudicare le future possibilità di difesa della FEG e della TU e se, in particolare, quest’ultima avesse dimostrato tale fatto in forma concludente.

57     Ne consegue che il primo motivo della TU deve essere accolto nella misura in cui con esso viene dedotto un errore di diritto nell’applicazione del principio del termine ragionevole. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata, laddove ha statuito che il prolungamento della prima fase del procedimento amministrativo non era di per sé idoneo a ledere i diritti della difesa della TU.

58     In conformità dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Essa può allora statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

59     Nel caso di specie, posto che la questione della presunta violazione dei diritti della difesa, esaminata in rapporto alla durata eccessiva del procedimento amministrativo, è stata discussa in primo grado e che la TU ha così avuto modo di far valere i propri argomenti al riguardo, la Corte è in condizione di pronunciarsi nel merito.

60     Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la TU sostiene che la durata eccessiva del procedimento amministrativo ha avuto ripercussioni sull’esercizio dei diritti della difesa e dunque sull’esito del procedimento avviato nei suoi confronti. Essa sarebbe stata ostacolata nella propria difesa già all’epoca del ricevimento della comunicazione degli addebiti.

61     Occorre dunque verificare se la TU abbia sufficientemente dimostrato che, alla data della comunicazione degli addebiti, ossia il 3 luglio 1996, essa ha incontrato difficoltà per difendersi contro

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